La onlus Jacaranda di Treviso finanzia aiuti in Zambia Vicino a Livingstone: scuola media e tanti computer per duecento ragazzi di un sobborgo / villaggio

di Paola Pastacaldi, 23 marzo 2015

Le iniziative private di solidarietà in Africa sono una galassia difficile da descrivere. I motivi che spingono le persone a dare un aiuto a chi non ha da campare sono i più svariati, così come le modalità. Ma in generale la motivazione più solida è che l’Africa, con i suoi bisogni a volte estremi, è in grado di dare più di quello che riceve.

Noi, ricchi o benestanti nonostante la crisi (siamo sempre una banca che cammina rispetto ad un africano medio), abbiamo bisogno di dare un senso alla nostra vita. E l’Africa, non tutta ovviamente, perché ci sono ormai zone di notevole crescita economica, offre lo scenario più intenso e significativo per sentirsi utili a questo mondo. Forse ci dà fastidio ammetterlo, ma è così. Oggi si discute sull’utilità di questi sostegni e il mondo Occidentale ha capito che, se vuole veramente sostenere i paesi in via di sviluppo, deve aiutare chi ha bisogno a rimanere nel suo Paese. Tra le mille modalità di sostegno, quella della scolarizzazione rimane il mezzo più capace di sortire questo effetto e quello, dunque, che merita più aiuto.

L’Associazione Progetto Jacaranda, composta da una manciata di donne venete di Treviso, è una di quelle onlus che hanno deciso di dare una mano all’istruzione in Africa, Zambia per la precisione, principalmente prima infanzia elementare e media, ma anche qualcosina a quell’università. Il progetto Jacaranda prende il nome dal bellissimo e grande albero che ad ottobre si infiora di mimose blu e il cui legno è il prezioso palissandro. Lo Zambia è una ex colonia britannica , ora repubblica dell’Africa centro subsahariana con 12 milioni di abitanti, indipendente dal 1964. Un paese grande due volte e mezzo l’Italia, democratico e tranquillo, ma molto povero. In Zambia non va a scuola un terzo dei ragazzi dai 7 ai 13 anni.

Per conoscere lo Zambia consiglio un viaggio nella Galleria fotografica del sito della onlus (www.associazionejacaranda.org). Vi si possono vedere le varie fasi della costruzione dei tre edifici della scuola media, gli asili. Le foto dei bambini e dei ragazzini che si offrono allo scatto dominano incontrasti come sempre, tutti fotografati a scuola con relative insegnanti, ma in mezzo spiccano i balli con le vecchie maschere tribali, le donne al lavoro che spazzano la strada. Non mancano gli animali, il leone, l’elefante e il ghepardo, perché lo Zambia è la vera gemma inesplorata dell’Africa. Con la sua natura, le favolose Victoria Falls, le cascate del fiume Zambesi, che sono tra le più spettacolari del mondo, e che sono state scoperte in epoca vittoriana, a metà Ottocento, dall’esploratore e medico missionario scozzese David Livingstone, il quale dopo dedicò tutta la sua vita alla ricerca della sorgente del Nilo.

Ma torniamo al Progetto Jacaranda. E’ tutto iniziato con un viaggio di piacere: dieci anni fa, due amiche di Treviso, Gaby Hohlweck e Maria Carla Barion, decisero di andare a trovare una loro amica, Maria Mauri, che viveva a Mundolobela, piccolo villaggio vicino a Livingstone in Zambia, come volontaria e lì gestiva anche un asilo con pochi bambini. Una volta arrivate, le amiche erano rimaste colpite dalla povertà dell’asilo e avevano deciso di aiutare Maria.

Al ritorno dal viaggio in Italia, si sono messe al lavoro per raccogliere i fondi necessari, mentre Maria, cercava un edificio più idoneo per farne una scuola materna più grande. Con i primi fondi raccolti le amiche di Maria sono riuscite a far ristrutturare una casa piuttosto fatiscente nel villaggio di Mundolobela. Una di quelle case fatte di mattoni e tetti in lamiera, finestre senza vetri, che si possono vedere in tanti villaggi dell’Africa. Dopo pochi mesi, dalla vecchia casa malmessa erano venute fuori ben tre aule nuove con due bagni. Si decise di assumere due maestre e una donna per la pulizia e per la preparazione dei pasti per i bambini

Mundolobela è un sobborgo di Livingstone, l’ex capitale della colonia inglese, che oggi conta novantasette mila abitanti, e si trova ad una decina di chilometri dalle cascate Vittoria. In quella zona non c’era lavoro, né un granché di agricoltura. La gente negli anni si è riversata vicino alla città nella speranza di migliorare le condizioni di vita e ha trovato rifugio nelle vecchie case abbandonate degli inglesi. La città si è molto espansa e negli ultimi anni si è creato un po’ più di benessere. Jacaranda ha aiutato il piccolo villaggio a costruire anche un pozzo, poi un pollaio per l’allevamento di duecento polli, un mulino per la macina del mais. Intorno, sono spontaneamente sorti alcuni orti su iniziativa della popolazione locale.

La raccolta di fondi continuava al meglio e perciò le amiche decisero di costituire una onlus per regolarizzare l’attività e fare sì che tutto fosse trasparente. Le tre amiche erano già diventate undici “signore” affascinate dalle prime due e dal loro entusiasmo, e a queste undici, diciamo le socie fondatrici, se ne sono aggiunte negli anni seguenti altre quattro, come socie ordinarie.

Alla solidarietà ci si appassiona, dicevamo all’inizio. In meno di un anno le socie di Jacaranda avevano raccolto i soldi necessari e restaurato l’edificio per accogliere l’asilo a Mundolobela dove Maria ospitava gratuitamente una cinquantina di bambini tra i 3 e 6 anni. A questo si aggiunse presto un secondo progetto, quello di completare un altro asilo già iniziato e non finito in una località rurale di nome Fumbo, un piccolo villaggio, dove già operava la Missione delle Suore di Maria Bambina.

L’opera della onlus Jacaranda è continuata costante. Così sono nati altri due asili nella località di Monze, sempre gestite dalle suore italiane di Maria Bambina. Il tutto funzionava egregiamente con contatti via mail e viaggi di controllo periodici una volta l’anno, ma soprattutto buone e strette relazioni sia con le suore italiane che con il locale parroco e il capo villaggio. Internet per alcuni paesi come questo è la manna dal cielo, anche se non funziona perfettamente.

Il novanta per cento della popolazione di quella zona è cristiana, ma non tutta cattolica, tra loro ci sono molti anglicani, pentecostali e Testimoni di Geova. Va precisato, che nonostante i tempi di guerre religiose, lo Zambia è una eccezione, tutti convivono pacificamente.

La raccolta fondi, per lo più a Treviso, marciava bene, innanzitutto per la solidarietà della gente, ma anche grazie alla presidente dell’onlus, Gaby Hohlweck, tedesca di origina, ma ormai veneta di acquisizione, con una grande esperienza di gestione di un’impresa import export, che certamente le è servita per riuscire a raccogliere i fondi per questi progetti. Gaby è efficiente, fantasiosa e molto, molto organizzata; tiene le fila in modo metodico e sempre trasparente con lo Zambia e tiene ben informate anche le socie, attraverso un lavoro comunicativo via mail, puntuale e quotidiano. Insomma la sua è una solidarietà intesa con professionalità, né più né meno che se fosse un lavoro.

Le abbiamo rivolto qualche domanda.

Vogliamo sapere da lei cosa la spinge a fare tutto questo?

“Mi sono appassionata a questo progetto e con me tutto il gruppo di donne. Quando si vede che lì la gente ha veramente poco, non puoi fare a meno di aiutare. La gente del posto ha chiesto di fare una scuola media: i ragazzi dovevano fare a piedi ben 15 chilometri al giorno e finivano per rinunciare alla scuola. Così abbiamo dato vita a questo progetto, nonostante il costo piuttosto alto, ben duecentomila euro”. Ambizioso e oneroso, no? Gaby con le sue socie si è rimboccata le maniche e ha comincia ad organizzare a Treviso e provincia ogni genere di attività che possa portare aiuti, dalle gare di golf, ai tornei di burraco, alle uova di cioccolata pasquali e alle decine di piccole lotterie nei bar. Indefessa nella sua attività e costante.

“La chiusura dei lavori era prevista per l’inizio del 2014, siamo in ritardo, ma la finiremo presto. Sarà una media superiore per un totale di duecento ragazzi. Il Ministero dell’Istruzione ci ha chiesto che ci siano dei laboratori di computer, cosa che finanzieremo, ancora non so come”.

Capisco, l’impegno è grande. Ma di chi, sarà una volta finita, questa scuola?

“La scuola sarà pubblica, gestita dalla Diocesi di Livingstone, ma devo precisare che non ci saranno problemi religiosi. Il vescovo ci ha assicurato che sarà aperta a tutte le confessioni religiose. Sarà, dunque, una scuola laica, per tutti”.

E’ un impegno notevole, le sottolineo.

“Abbiamo visto la necessità e sentiamo il piacere di aiutare chi ha meno di noi nella vita. Finanziamo anche gli studi universitari di un paio di ragazzi”.

Ma lei conosceva già l’Africa?

“Ero stata in Kenya, Tanzania, Costa d’Avorio e molti paesi del Nord Africa, sempre come turista”.

So che avete finanziato altre attività di altre associazioni con i fondi residui.

“Abbiamo finanziato l’anno scorso un pozzo a Lusaka per la onlus Sport2Build di Matteo Sametti, un commercialista che vive in Zambia e che lavora a tempo pieno per la cooperazione dei paesi in via di sviluppo. E’ anche autore di un bellissimo libro intitolato “La bicicletta di bambù, 8371 chilometri dal cuore dell’Africa alle Paralimpiadi di Londra” (Edicicloeditore). Matteo collabora anche con Sette del Corriere della Sera, per il quale scrive articoli molto interessanti sui suoi viaggi di esplorazione in Africa, spesso in bici”.

Le socie di Jacaranda sono andate tutte a vedere i progetti che hanno aiutato a realizzare?

“La maggior parte sono venute tutte e alcune anche cinque, sei volte, come Marilina, Paola, Maria Carla. Pensiamo di fare tutte insieme un viaggio nel 2016 per i dieci anni della Costituzione ”.

 



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