Fine di una madre, il diario di una cura

Una figlia decide di stare accanto alla madre ormai vicina alla morte. L'accudisce, la tiene per mano, ne ascolta i risentiti silenzi e ne condivide le paure. Non l'abbandona, come di solito avviene al giorno d'oggi, ma l'accompagna. Ne nasce un potente racconto, una testimonianza preziosa di dedizione e di amore, che si trasforma nella lotta per sottrarre, giorno dopo giorno, l'anziana morente all'invadente medicalizzazione.

Trovarsi improvvisamente ad assistere la propria madre, ad accompagnarla verso la fine, rielaborare il proprio ruolo di figlia, affrontare l'immagine della propria vecchiaia, dialogare con il mondo dei medici, rimanere disarmata di fronte alle parole e ai gesti semplici quanto saggi di una badante straniera. In questa intervista Paola Pastacaldi ci racconta che cosa ha significato per lei scrivere 'Fine di una madre', il suo ultimo libro.

 

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COMMENTI

 

In questi ultimi giorni ho potuto leggere questo libro e l'ho trovo molto bello: l'autrice è stata coraggiosa. Ha saputo esprimere con grande equilibrio il dolore e il disorientamento di fronte all’impotenza e alla rabbia della madre e a tutte le tematiche legate alla vecchiaia, di un genitore in particolare.  Trovo molto bello anche l’avvicendarsi dei ricordi vividi di bambina e della madre così piena di vita e di carattere! Bello anche l’evocare il sostegno sororale delle donne che l'hanno accompagnata in quest’ultimo tempo della vita della madre. E' stata una occasione per riflettere su questo tema attraverso una esperienza espressa con equilibrio e pudore. MV

 

NOTE: MEMORIA E COMMENTI

C’è un episodio della vita di mia madre, quando ero bambina, che era rimasto inciso nella memoria e incomprensibile. Solo negli ultimi anni, da quando ho adottato la quercia, ho capito il senso: il messaggio di mia madre è rimasto dentro di me per molti, molti anni. Una icona, una stravaganza senza alcun senso. Ora so perché.

 

Erano gli anni Sessanta. Il maltempo era arrivato a fine estate improvviso. Prima il vento che fischiava tremendamente e piegava gli alberi come un gigante arrabbiato. Poi l’acqua. Il giardino ordinato fremeva nel tentativo di non scomporsi. Senza riuscirci. I vecchi Pini, l’amato cedro del libano con la sua chioma a ventaglio, la lunga fila di pioppi troppo alti, le thuye inanellate dibacche, le magnolie rotonde e storte, piene di nicchie per nascondersi, persino le foglioline coriacee dei bossi perfettamente tagliati e distribuiti con ordine intorno alla fontana vibravano. Tutto fischiava e si piegava. Ma gli esseri vegetali di quel giardino erano tutti flessibili. Dalla finestra la madre guardava con sguardo attento l’evolversi della pioggia. Poi chiuse tutte le imposte della villa per proteggere la casa e lasciò il giardino fuori, solo. Dal caminetto grondava l’acqua e correva come un piccolo fiume portando con foglie e rami e tutti gli umori della tempesta.

La grandine picchiava veemente sui vetri del portoncino d’ingresso, con colpi secchi rapidi. Poi tutto tacque e tornò la calma.

 

Con titubanza la madre aprì piano piano le porte, tolse i legni dei rami spezzati che le sbarravano la strada per vedere cosa era accaduto al suo giardino. Lo vide, subito, oltre la fontana, il vecchio pino, un patriarca, abbattuto, reclinato a terra, la sua lunga verde siluette tagliava in due il giardino, disegnando una ferita.

 

Ma le sue fronde erano lì fresche verdi belle. La punta ora giaceva ai piedi del cedro, ne toccava le radici in segno di fratellanza; la madre sentì un freddo disagio correrle nel sangue. A passi decisi lo raggiunse e vide che le radici, erano ancora in parte agganciate alla terra.

Si girò e raggiunse nuovamente la casa, scavalcando i rami spezzati e divelti e chiamò il contadino che possedeva il trattore. Dopo poche ore al cancello si sentìil rumore rombante di  un piccolo trattore rosso. Entrò nel giardino e con un lavoro minuzioso e delicato avvolse di piccole corde il tronco del vecchio pino, lentamente lo tirò e tirò e tirò, piano piano, mentre gli aghi vibravano scossi tutti insieme.

 

In poche ore, eccolo, il pino era di nuovo in piedi. Nella sua vecchia posizione. Sembrava non essere mai caduto.

Guardavo ragazzina questo pino e pensavo alla follia di mia madre che aveva spesso un milione per rimettere in piedi un vecchio albero. Allora era una tale originalità quanto oggi ha un significato profondo. 



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