Alberi e cultura. Il giardino di Roberto Bazlen, editore, e il platano bicentenario di porta Romana

di Paola Pastacaldi

In corso di Porta Romana, tra il civico 116 e il 112, c’è un giardino dedicato a Roberto Bazlen (Trieste 1902 – Milano 1965), definito dalla targa commemorativa “editore”, ma in realtà critico letterario e scrittore, consulente editoriale di Bompiani, Einaudi e Adelphi, che ha fatto conoscere in Italia le opere di Svevo, Freud, Musil. Il giardino è come nascosto tra gli edifici, un ex convento e due palazzi degli anni Settanta. Al pomeriggio è affollato di bambini e gente del quartiere di tutte le età, il giardino è recintato da un bassa palizzata di legno come nei vecchi villaggi inglesi e accoglie dei giochi per i più piccoli. In mezzo agli altri alberi domina la vista un tronco possente dalla chioma espansa. E’ un platano che definirei sontuoso, alto diciotto metri almeno. “Ha oltre duecento anni, forse duecentoventi o anche duecentoquaranta. Il tronco ha una circonferenza di sei metri. La sua chioma ha un diametro di quindici, sedici metri e riesce a coprire un’area di tremila metri quadri”, spiega con orgoglio più che comprensibile Roberto Bellunato, uno dei residenti, consigliere di zona ed ex membro della Commissione Verde e Arredo urbano, che del platano di Bazlen è stato quasi un padre putativo, amorevole e autorevole, lo ha difeso nei momenti difficili e protetto quando rischiava danni alle radici ed oggi ne è la memoria. Cosa rara, dato che spesso tutto ciò che riguarda gli alberi è sommerso da una accecante assenza di informazioni, la nostra vita ci allontana dai ricordi legati alla natura, solo i vecchi di una volta sapevano raccontarne la storia. “Quando hanno deciso di mettere il pavimento antirimbalzo per i bambini e recintare l’area e sono iniziati i lavori, scendevo ogni giorno nel giardino a controllare che gli operai non facessero qualche danno al platano”. Se ci si astrae dai suoni delle voci dei bambini e della gente che chiacchera vivacemente, il giardino rivela una sua straordinaria grazia ed eleganza, pur circondato da casamenti alcuni molto alti. Sul lato destro c’è un vecchio edificio più basso dall’ingresso aperto dove si vede un via vai di persone che lo anima incessantemente. E’ la sede della scuola e della biblioteca Vigentina, oltre che dell’Istituto professionale Oriani Mazzini e di una scuola di musica. “Era anticamente un convento e il giardino di oggi era probabilmente l’orto del convento; dietro ci sono ancora dei resti di un sito per i pellegrini e quelli dell’ annessa chiesa dedicata a San Bernardo, che è crollata nel 1971”. Inevitabile pensare a Napoleone che certo fece requisire il convento e che come sappiamo amava i platani, alberi robusti, dalla chioma espansa e dall’accrescimento facile. A Milano ne ha lasciati parecchi. Il platano sarà sottoposto tra breve ad una indagine fitostatica da parte dei tecnici del Comune. Usciamo dall’edificio su via Vigentina e dal marciapiede si vedono i resti della chiesa e un altro annesso delizioso giardino – ahimè semiabbandonato come il cortile dell’ex convento, dove un vecchia e meravigliosa pianta di glicine carica di anni è stata addirittura brutalmente tagliata nella sua altezza e varie auto sono villanamente parcheggiate davanti alle belle colonne del porticato. Ma torniamo al giardino di Roberto Bazlen. Il giardino gode del verde di altri alberi: un bagolaro comunemente noto come spaccasassi, un pioppo, un tiglio e un albero di Giuda che avrà quasi 50 anni, coperto dei suoi fiori viola che crescono anche sui rami, una thuya di una ottantina di anni e due aceri. Le grida dei bambini si mescolano al canto degli uccelli, mentre gli strombettii acidi del traffico di Porta Romana miracolosamente arrivano appiattiti e lontani, quasi sepolti.