LA QUERCIA DI MONTALE NEI GIARDINI PUBBLICI “INDRO MONTANELLI” A MILANO 16/02/2018

Rivista di Ambiente e Territorio dell'Arma dei Carabinieri

 
montale2Questo è l’incipit della poesia omonima di Eugenio Montale pubblicata in “Madrigali Privati”, la sesta sezione della raccolta di liriche intitolata 'La bufera e altro'. Una poesia che parla di alberi e di una quercia amorosa che si spiega verso il basso con i suoi rami frondosi. Ed una quercia amorosa, una Quercia rossa che si trova a Milano nei Giardini Pubblici Indro Montanelli (una volta chiamati 'Giardini di Porta Venezia' progettati nel 1780 dall'architetto neoclassico Giuseppe Piermarini) è quella cui è stato dedicato il nome del poeta ligure premio Nobel per la letteratura nel 1975 e che viene chiamata appunto la Quercia di Montale. Sotto questa quercia rossa, una tra le prime Quercus rubra piantate in Italia, Eugenio Montale trasferito a Milano come redattore del Corriere della Sera dal 1948 fino al 1981 (anno della sua morte) soleva passare diverso tempo a leggere e scrivere durante i suoi spostamenti dalla vicina sede del giornale in Via Solferino 28 alla sua casa in via Bigli (prima al numero 11 e poi dal 1967 al numero 15). La quercia di Montale, alta circa nove metri e con una circonferenza di cinque è un albero monumentale secolare oramai attaccato da funghi e tenuto in piedi da sostegni metallici dopo che negli anni ha subito diversi crolli di rami. Si trova a pochi passi dal Museo di Storia Naturale e dal Planetario Hoepli ed è situata all'estremità di un bel prato, dove la gente usa prendere il sole. Per motivi di sicurezza e per impedire ai visitatori di sedersi sotto la chioma, la quercia è stata recintata con una staccionata di legno e ogni sei mesi il comune effettua dei controlli per verificare la sua resistenza ai colpi di vento. Introdotta in Europa ai primi del Settecento (in Inghilterra nel 1739 e In Francia nel 1740) come pianta ornamentale per parchi e giardini per la sua splendida colorazione autunnale, la Quercus rubra L. è una delle specie più comuni in Canada e negli Stati Uniti centrali e dell’est. È stata chiamata così da Linneo nel 1753 nella prima edizione del suo Species plantarum. La prima citazione in Italia risale invece al 1812 quando compare nel Catalogus plantarum hortimontale4 regii botanici Braydensis ad annum dell’Orto botanico di Brera di Filippo Armano. Il primo esemplare in Italia è stato piantato nel 1814 nel Parco reale di Monza. Albero poco esigente, vigoroso a chioma espansa, dapprima colonnare e poi globosa, con una crescita rapida in gioventù (6 metri in dieci anni) ama i terreni fertili. È specie calcifuga (non ama i terreni basici) ed è divenuta invadente nei boschi di farnia in Piemonte, Veneto e Lombardia dove ne è vietata la messa dimora e la coltivazione per tutelare la biodiversità locale. Inconfondibili per l’identificazione sono le sue foglie alterne, ellittiche, ovate, obovate lunghe fino a 20 centimetri e larghe 15, lobate con seni molto profondi e denti acuminati e mucronati, verde scuro e glabre sopra, e grigiastre sotto con peduncolo giallo. Le foglie sono caduche e in autunno diventano rosse o arancione-porpora e prima di cadere talvolta diventano gialle. I frutti sono delle ghiande emisferiche con cupola pelosa e appiattita lunghe 3 centimetri. Fiorisce a maggio con fiori maschili disposti in amenti mentre quelli femminili solitari o a due sono inseriti sui rami con un brevissimo peduncolo. È una specie rustica che sopporta bassissime temperature e può vivere fino a 500 anni

 



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