LA QUERCIA DI MONTALE VESSATA DALLA NEVE

DI SILVESTRO ACAMPORA

Le grandi branche avevano ceduto sotto il peso della neve bagnata e giacevano a terra in un groviglio di rami e foglie.

Erano state proprio le foglie, rimaste ancora attaccate ai rami a provocare l’accumulo della neve che il vecchio tronco mezzo cavo non era riuscito a sopportare.

Diversi altri alberi, come i Cedri dalle chiome folte avevano rami spezzati altri, erano caduti.

La vecchia Quercia, mutilata e con le branche cadute che mostravano le cavità all’attaccatura del tronco sembrava voler ancora sfidare la forza del vento e il peso della neve, le branche rimaste erano come bandiere nel cielo carico di nuvole grigie.

Così mi apparve la Quercia in una fredda mattina d’inverno e per questo decisi che non doveva essere abbattuta.

L’albero, che controllavo tutte le volte che potevo, si rivelò essere una fonte di continue sorprese. Cresciuto all’interno del più antico Giardino Pubblico di Milano, circondato da strade e palazzi è diventato nel tempo un complesso ecosistema.

Per delle lucertole, nate e cresciute nelle cavità del grande tronco dove, prendono il sole, cacciano gli insetti tra le crepe della corteccia, si riproducono e vanno in letargo senza alcuna necessità di spostarsi è l’inizio e la fine del mondo.

Condividono il grande tronco con le cinciarelle che arrivano all’inizio della primavera a cercare gli insetti nascosti sotto la corteccia e una colonia di ratti che, come in un condominio, occupa la parte sotterranea del tronco e le grandi radici marcescenti.

Numerosi insetti, dal grande Scarabeo Rinoceronte ai piccoli afidi vivono e si riproducono sull’albero.

Gli Afidi, lasciano sulle foglie una sostanza zuccherina e appiccicosa che attira le api.

Muschi, licheni e funghi di dimensioni e colori molto diversi, dal gigantesco Polipero sulfureo, alle minuscole e iridescenti Micene crescono nella grande cavità alla base dell’albero, sul tronco e sui rami.

Anche le persone che frequentano il parco si lasciano affascinare dalla Quercia e dalle sue forme, capita che qualcuno si segga a leggere un libro o un giornale seduto vicino al tronco.

Sembra che anche il poeta Eugenio Montale fosse affascinato dalle forme della Quercia, durante le pause al Corriere della Sera, raggiungeva il Parco e si fermava sotto la sua chioma.

Ora la vecchia Quercia è alla fine del suo ciclo biologico ma, l’inesorabile degradarsi del tronco, il continuo mutare dell’aspetto, l’apparire e sparire di nuove forme di vita, continua a trasmettere emozioni mostrando la forza della natura che replica e rigenera il ciclo infinito della vita.



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