NATALE 2017. BASTA AUGURI COPIA E INCOLLA

di Paola Pastacaldi giornalista e scrittrice

So che è sgradevole quello che sto scrivendo. Ma è una domanda inevitabile. O, meglio, è una domanda che cerchiamo disperatamente di evitare. Viviamo consumando, una rincorsa garantita da una vecchia antica sicurezza, una corsa che sicura, però, non è più.  Corriamo così in fretta da dimenticare il valore più profondo della vita, che è quello spirituale. Natale insegna, Festa di rinascita, che celebra la rinascita dello spirito. E con la corsa fatta di libagioni, acquisti, fretta, consumo stiamo creando un grande, immenso vuoto che assomiglia ad un baratro.

Perché a queste libagioni diamo il nome di Natale? E’ Natale questo mangiare più della settimana scorsa? E’ Natale il correre con la macchina dietro allo shopping intasando le strade e i nostri polmoni? Consumando il nostro tempo. E’ persino noioso scrivere per l’ennesima volta tutto questo.

Sono giorni di Festa. Ma verrebbe da chiedere, che genere di festa? Qualcuno sa rispondere al perché, qualcuno vuole ricordare cosa significa la nostra tradizione, oltre i rituali della messa di mezzanotte o di Natale, oltre il presepio, oltre i regali, oltre cene e pranzi con capponi e panettoni che gridano vendetta e che si sprecano e una marea di auguri lanciati in ogni direzione e in ogni momento, senza tregua. 

Gli Augùri erano un tempo lontano cerimonie, durante le quali gli àuguri ricavavano presagi, di qui il desiderio di bene, il presagio, il presentimento di ciò che può accadere a volte noto come il Natale. Nel porgere auguri moderni ci siamo sostituiti al magico vaticinare con una visione razionale di ciò che accade. 

Il Natale, però, nel frattempo è diventato un sistema di acquisti e noi che facciamo? Mandiamo auguri rubati e copiati e incollati dalla Rete.

Gli auguri di oggi sono ormai scarnificati, svuotati, abbelliti da pacchi, da coppe di vino, tartine, pizzette, panettoni glassati, farciti di ogni ben di dio con una fantasia irredimibile che non si ferma di fronte a niente, nemmeno al disgusto, che qualcuno già lamenta. Si gioisce senza fine quando dopo decine di questi auguri compare tra gli amici qualcuno che affannosamente e timidamente cerca solo le sue parole per dire qualcosa di più e spesso non le trova, ma il sentimento che offre con gli occhi è sufficiente a coprire il vuoto e a commuovere.

Il problema è che i più, aprendo Google che è il nostro nuovo Padre Padrone, trovano link con le più belle frasi, le più famose, con le vignette, la solita povera Mafalda (non si potrebbe fare una disintossicazione dalle vignette di Mafalda?).

Fremo di orrore all’idea di quante vignette andranno ad intasare la mia memoria fotografica che tengo ben filtrata e pulita da brutte foto. Non posso né voglio immaginare quanti cittadini del mondo intero onoreranno l’inventore di Google, redendo sempre più potente il sistema globale di controllo e pescheranno come automi a questo pozzo ricco e gratuito (all’apparenza) allegro e socievole. Convinti di essere liberi. Nessuno degli utenti si chiede perché a giorni vediamo nel nostro account sparire certi amici. Mi dicono che è Facebook che decide. Non sono io a scartare certe amicizie. Improvvisamente non ricevo più le loro notifiche. Perché? E’ Facebook, Bellezza. Dipendiamo dalle sue scelte i cui orientamenti non sono poi così noti.

 

I social hanno otturato la nostra intelligenza. I social, la nuova piazza. La chiacchiera si è trasferita dentro i social. Non è cambiato nulla, la superficialità del dialogo si è accentuata, la velocità di trasmissione degli auguri ha accelerato la nostra tendenza a non approfondire nulla, a correre dietro alla stupidità, alla pigrizia, al non pensare a nulla di serio. Con un clic ci si accaparra vignette di auguri che ci fanno sentire creativi, a posto? Non so cosa, ma qualcosa certamente, visto che nessuno rinuncia ad usarle. Quanti amici intelligenti, profondi e sani osano inviarti le loro vignette rubate. Forse ne sono anche orgogliosi? L’elenco di coloro che rubano da Internet per farti gli auguri più importanti e belli più significativi dell’anno si allunga infinitamente e c’è da rimanere smarriti. 

Che sta succedendo? Al posto del dialogo dal vivo abbiamo sostituito un dialogo “intimo” fatto di battute digitali. Tutti soli a casa, in ufficio o in ogni altro luogo, ma lontano dal nostro interlocutore. Dalla  possibilità che commenti e critichi. Dai suoi sguardi, dai suoi gesti, da tutto ciò che potrebbe allontanarci dal nostro impoverito “Io”. Digitare frasi di colloquio in un telefono è un atto troppo solipsistico per pensare sia un vero dialogo. La figlia ventenne di una mia amica sessantenne, vedendola sempre a scambiare chat e altro, le disse “Mamma smettila,  lo sai che non ti rimarrà nulla e così resterai sola”. 

Forse i giovani hanno capito, almeno alcuni, e gli ultracinquantenni non ancora?

In fondo, in fondo al pozzo della Rete finiremo per abbandonare ogni vera e autentica capacità di emozionarci, di pensare e di vivere fedeli a noi stessi e alla nostra storia.

In questi giorni Natale vorrà dire che cellulari di milioni di persone saranno inondati di questi auguri colorati, fintamente intelligenti o colti, banalmente spiritosi, a vago sfondo storico, lievemente spirituali ma non troppo e anche un po’ ironici sulla Fede o sulla Religione, in fondo dobbiamo anche prenderci in giro per rispetto ai musulmani (ma loro credono veramente, piccola differenza).

Le libagioni si sono rafforzate e sono le stesse di quando eravamo usciti dalla fame, ma poi ci siamo arricchiti, e mangiamo come se rischiassimo sempre di morire di fame. Tutto uguale, nonostante i messaggi medici sollecitino una riduzione dei grassi, nonostante la natura chieda venia, meno carne con antibiotici, meno allevamenti, meno sofferenza degli animali.

Non sarà mai Natale senza una riflessione sul nostro attuale stile di vita.