Iphone, attentatori di Capodanno e video pubblicitari, tutti insieme a braccetto Pur di vendere.

di Paola Pastacaldi giornalista e scrittrice

 Premetto che non bazzico tra i video reali della immensa spazzatura informativa che circola Internet; non mi interessa se sono stati girati proprio mentre accadeva qualcosa di terribile, quasi mai clicco sui link segnalati negli articoli o nel web.

Sono una giornalista, ma nutro una forte avversione per questo eccesso di comunicazione (anche se il citizen journalism a volte può essere utile) che spesso spinge il lettore a rincorrere notizie sempre più false, le tanto discusse fack news, notizie scorrette o peggio fasulle e contraffatte, che ormai vanno a braccetto con la disinformazione organizzata a scopi diversi e anche la frode. Preferisco risparmiare il mio tempo, le mie energie e, soprattutto, le mie emozioni, visto che questi video, nella maggior parte dei casi, toccano temi che definisco choccanti per mancanza di un vocabolo adeguato al nuovo orrore che circola nella realtà e nei media negli ultimi venti anni. Dopo aver visto in diretta tv la guerra dell’Irak e e ogni altra guerra ma soprattutto i volti disperati di soldati e civili, cui è stata mozzata la testa e di cui gli assassini hanno mandato il video per choccare noi occidentali, sempre riuscendoci ottimamente, ho detto “Basta”, ormai da anni.

Non voglio guardare, non voglio incrementare la comunicazione dell’orrore. Sono stati scritti fiumi di articoli a proposito dell’abilità dei terroristi nel farsi promozione. Io non li agevolo.

La mia decisione va anche nel privato. Non ho voluto nemmeno catalogare la mia salute, trascrivendo come richiesto dentro l’icona dell’Iphone (quella col cuore) la mia cartella clinica, il gruppo sanguigno, se sono un donatore di organi, i minuti che dedico alle corse, le medicine che prendo, gli sport che faccio. Perché intuisco che questi dati andranno a rimpinzare qualche multinazionale della salute che vuole impossessarsi dei miei bisogni per vendermi il prodotto giusto di cui ho bisogno.

Diciamo che nel magma della comunicazione 24 ore su 24 ho scelto di restare sobria. Ma l’eccezione a ogni nostro comportamento, pur meditato, è sempre in agguato e a volte colpisce all’improvviso e in modo bizzarro.

L’altro giorno, guardando il cellulare, ho scoperto di ricevere le news, cosa che da anni avevo evitato, data la grettezza con cui erano fatte; ma queste ultime erano firmate Stampa, Sole 24 Ore e altro, cioè fonti in parte credibili e riassunte con professionalità -. Ho scelto di leggerle e non ignorarle, anche perché una di queste segnalava la conferma dell’identificazione dell’attentatore da parte dei media turchi di Istanbul, dopo la girandola dei giorni scorsi. Sono molto interessata a questa notizia e sorpresa, visto che la seguo dall’inizio su Rai News 24, per l’accuratezza che usano. Voglio capire – umana curiosità giornalistica - se l’hanno trovato veramente e che prove hanno.

Clicco. Mi si apre l’articolo, lo scorro velocemente e a metà c’è il link ad un video: capisco che è quello relativo al primo sospettato, video che ho già visto in tv tante, troppe volte. Ma decido di rivederlo alla luce delle nuove notizie per capire se nel video l’attentatore ha detto qualcosa che mi è sfuggito le altre venti volte che è stato mandato in televisione. Mi si apre subito il video ed era, in effetti, quello che conoscevo bene.

Nel marasma informatico spesso accadono cose di cui ci chiediamo perché ma, data la velocità con cui poi se ne vanno, non abbiamo il tempo di farci altre domande: siamo un po’ vittime di questo sistema di informazione, tante troppe notizie e poco tempo per riflettere e ancor meno per criticare. Tutto scorre, anche la nostra volontà e il senso critico che si appiattiscono ogni giorno di più. Per questo dobbiamo resistere e fare forza sulla nostra presenza e consapevolezza ogni volta che incontriamo le News, cosa che accade ad ogni minuto .

Clicco, allora, sul triangolino del video, mentre tutti questi pensieri già frullano nella mia testa: è proprio quello già visto in tv, mi dico. E sono tesa, perché a nessuno piace guardare negli occhi un attentatore di quel tipo. Ma dopo un secondo, il video in questione si interrompe e si apre una schermata completamente diversa. Una musichetta allegra propone una pubblicità mi sembra di Vodafone, una famigliola ovviamente felice, in una bella casetta, mamma papà e figlioli piccoli affaccendati nella normalità della loro vita, mentre la voce di sottofondo elogia i pregi dell’operatore. Suggerisce senza mezzi termini che l’unione familiare si cementa anche così.

Ho un attimo di smarrimento. Lo sbalzo delle mie emozioni – come temo per tutti coloro che lo hanno visto – è stato fortissimo.

Mi accingevo, non senza contrasti interiori, a rivedere il video di un attentatore giovane che ha ucciso altri giovani che non conosceva in una discoteca nel momento di maggiore rilassamento e gioia, diciamo di giovani senza colpe e indifesi, come ormai accade troppo spesso. Un gesto che si ripete in luoghi anche lontanissimi e senza che abbiamo ancora dichiarato lo stato di guerra. Un incubo, anche per chi non l’ha subito.

E mi ritrovo catapultata, senza averlo chiesto, in un video di marketing di un gestore della grande telefonia che - per vincere la sua battaglia commerciale - non esita a sciorinarmi davanti un quadretto idilliaco di famiglia condito con parole emozionali e dolci, una normalità sognata da tutti.

Ma sapevo già che dopo pochi secondi sarei stata catapultata nell’orrore da me richiesto e io avrei dovuto guardare negli occhi l’ assassino attentatore.

Un assassino tutto da confermare, ovviamente, e questa idea, pur ai margini, genera altre inquietudini, non del tutto inutili, ma che lascerò fuori dal nostro discorso.

Rimango senza parole, pensieri ed emozioni, rapita dal video della Vodafone, pochi secondi di una pace fittizia e proposta come un Tavor che durerà quanto loro, i padroni del mercato delle informazioni, decidono che debba durare. Subito mi si scatena una rivolta interiore e, lo ammetto, sì anche etica.

Ma allora siamo proprio imbecilli, se riusciamo a pensare di fare pubblicità sfruttando un video girato da un terrorista (forse) che dichiara di voler eliminare gli occidentali. Allora siamo proprio alla fine, allora siamo allo sbando?

Nella palta mediatica non c’è più differenza tra orrore e pace, tra amore e odio, tutto sconfina, tutto si inquina e si mescola. E io, povera utente consumatrice involontaria, non ho nemmeno il tempo per cambiare il registro delle emozioni.

Sono una consumatrice trattata come un robot, peggio di quello che vuole essere come noi protagonista

dell’ultima pubblicità delle Poste.

La grande forza di quel videoclip auto girato dal terrorista è il grande, immenso numero di clic che si pensa provocherà nell’universo della rete, e nemmeno oso immaginare quanti più curiosi di me avranno già cliccato nei giorni scorsi, forse milioni di volte alla ricerca dell’orrore –; il video ha generato in rete lo spazio più ambito da qualunque agenzia pubblicitaria, chissà quanto pagato.

Sono una imbecille? O sono solo un consumatore in disperata fuga dal mondo mediatico e da se stessa, temendo come in un Orwell 1984, di diventare qualcuno di orrendo, senza nemmeno accorgersene, un utente che ha deciso di ribellarsi e non clicca mai, ma quando lo fa per puro caso, si ritrova azzerati sia il rispetto umano, la disperata ricerca di una informazione che non la sommerga e che la lasci tenere fuori dalla palta il suo povero e umile braccio che regge tra le mani l’ultima libertà di noi uomini, il senso critico.

Siamo dei barbari. Barbari quelli che uccidono la notte di Capodanno, ma ci sono anche i nuovi barbari: vendere emozioni a qualunque prezzo per poter vendere di più di qualunque cosa, siano telefonini o mele o pere o auto o assicurazioni mutande, borsette, occhiali, fazzoletti da naso, Tampax, carta igienica, pannolini per l’incontinenza, pulisci water, etc all’infinito.

Un unico nuovo codice di vita. Non ci sono più morali, religioni, senso dell’umano di fronte alla Merce, al Prodotto. Il reale è il prodotto. Il resto non conta più.

E’ così anche per voi consumatori ignari o consapevoli, ma senza redenzione? Me lo sto chiedendo, mentre guardo con un misto di paura e astio il piccolo Iphone, così potente appena mi distraggo.