LETTERA APERTA AI GIOVANI “PERCHE’ IO, MOLDAVA, HO SCELTO L’ITALIA ”

di Mariana

Ho scelto l’Italia non otto-nove anni fa, quando sono arrivata, ma molto prima. Non so spiegare questa mia scelta, ma so perché l’ho fatto: le responsabilità di figlia unica mi pesavano troppo. Vivevo secondo le aspettative degli altri. Sono andata via di casa a tredici anni, ma mi sentivo soffocare lo stesso. Non è bastato cambiare città, dovevo cambiare Paese. L’ho fatto dopo aver conquistato la mia indipendenza spirituale, morale ed economica.

Con una laurea in giornalismo e modeste esperienze nello stesso ambito ho scelto la strada più difficile per arrivare qui: la clandestinità. Mi sono fatta “odiare” dalla mia famiglia per la sofferenza che ho procurato: ho detto ai miei genitori solo all’ ultimo momento che non sarei andata in Italia per la borsa di studio che avevo invece rifiutato, in silenzio.

Sono nata per essere libera. Il mio paese, la Moldavia, non mi ha mai permesso di essere libera. Avevo bisogno di dolori nuovi, sofferenze ed esperienze diverse per soddisfare la mia implacabile curiosità.

Durante i miei viaggi, perché ne ho fatti tre per riuscire ad arrivare qui, ho vissuto l’esperienza di una prigioniera, randagia e rifugiata politico. Ho sempre apprezzato di più quello che ho conquistato con fatica ed è forse per questo che ringrazio la vita per ogni attimo vissuto in queste Paese.

Arrivata qui, parlavo poco o niente italiano Il mio italiano sapeva di finto. Ho trovato subito un impiego grazie alla mia conoscenza delle lingue. Mi sono trovata a fare la tutor di due bambini di 9 e 11 anni, figli di marchesi, quando ero anche io una bambina. Con loro ho imparato a conoscere l’Italia colta, nobile e piena di tesori inestimabili. Ho avuto questa grande fortuna! Ma ad un certo punto non mi bastava più. Volevo conoscere tutto dell’Italia. E ho visto persone frustrate, triste e arrabbiate. Persone che mi sorridevano ma il loro sorriso era solo un atto meccanico provocato dall’uso scorretto ed esagerato della muscolatura facciale. Non mi impressionavano perché dal 1989 ho visto il mio popolo arrabbiato, frustrato, sfiduciato ed arreso. Ero abituata a quelle maschere di dolore.

Ero curiosa di conoscere un altra cultura e persone diverse. Ma non è successo. Non ho trovato un’altra cultura, ho ho trovato la mia cultura. Non ho incontrato persone diverse, ho incontrato le stesse persone ma che si esprimono in un modo diverso. Ecco perché non ho avuto problemi ad integrarmi: non ho visto Italia come un paese straniero. L’ho sentito mio da subito. E non lo cambierei con nessun altro Paese. Forse con Alaska o Tibet.

Ho sempre discusso con i miei amici italiani che si sono lasciati convincere dall’idea che l’Italia è il paese dei balocchi. Lo dice solo chi non ha letto attentamente il romanzo di Collodi. E non dico altro. La politica, l’economia, il sistema giudiziario non mi spaventano perché vengo da un paese dove le parole elencate sopra sanno di veleno.

A casa mia, la politica è considerata un male, un male necessario, invece qui è il peggior nemico del popolo. L’italiano medio si lamenta del servizio sanitario. La crisi non mi spaventa perché da quando avevo cinque anni che la sento sulla mia pelle ma vi dico un segreto: crescendo con la crisi, la mancanza dei soldi non mi spaventa, anzi mi da la motivazione giusta per poterli guadagnare. Ecco perché non mi scandalizzo guardando i Tg. Crescendo ho imparato come risparmiare ed usare un capitale iniziale per raggiungere una prosperità economica. Paradossale, ma devo ringraziare la crisi che mio Paese mi ha obbligato di accettare. Fa male vedere un paese come Italia arrendersi, con tutto il potenziale che ha poi fa male vedere i giovani che rispondono alla domanda ”Cosa vuoi fare da grande?” con velina, ragazza immagine, PR nelle discoteche...Che poi, per poter fare pubbliche relazioni io ho dovuto studiare 4 anni, in Italia però basta distribuire qualche volantino ... Nessuno risponde con “Voglio fare la mamma”.

Ecco, un’altra cosa che difficilmente digerisco: la paura dei giovani dei giovani di assumersi delle responsabilità. Vivono con i genitori a causa della crisi, non si sposano a causa della crisi, non lavorano a causa della crisi, non studiano a causa della crisi...Vorrei poter influire sul pensiero di questi giovani e di spiegarli che la crisi invece mi ha aiutata e che aver paura di quello che succede porta solo al panico e per poter andare avanti bisogna aver coraggio di affrontare le difficoltà e non evitarle.

E questa la parte deludente dell’Italia e nient’altro. Per il resto, Italia è il paese dove vorrei che nascessero i miei figli e giorno per giorno fatico e lotto per guadagnare la stabilità economica per poter crescerne tre, perchè io non ho paura della crisi. Perchè il destino di un Paese dipende dalla capacità del suo popolo di sognare.