'Il mio secondo nome è Aradam' di Franco Panto - Villorba

All'Asmara nacquero due mie fratelli, gemelli, nel 1938. All'Asmara mio padre era stato chiamato da due miei zii materni che, militari volontari in Eritrea dal 1934, si erano dimessi e avevano fondato spacci per la vendita di 'Coloniali'

Preg. Dott.ssa Pastacaldi, veneziano di nascita ma trevigiano di adozione, abito a Villorba, so della sua prossima presentazione di un suo libro da Lovat libri ( ci abito vicino ) e verrò ad ascoltarla. Nato nel '36, il mio secondo nome è Aradam , penso unico in Italia e non solo, perché così volle mio padre che era all'Asmara quando nacqui, e intese ricordare con questo la battaglia all'Amba Aradam, tanto esaltata e decantata dal fascismo. Io ci andai con la mamma, mio nonno ed una zia, e vi rimasi tre anni, fino al 1939 o 1940 per lo scoppio della guerra. In quell'anno fatidico poi iniziò la guerra civile spagnola, e mio padre, che non era ovviamente di sinistra, mi chiamò perentoriamente anche Franco! Ovviamente non ricordo nulla della Asmara, salvo una terribile paura nella sala macchine del famoso piroscafo 'Conte Rosso' che ci riportò a casa, e di cui ho una foto, perché mio nonno mi portò a vederle. (il Conte Rosso è attualmente nelle profondità del mare vicino a Siracusa, affondato da un sottomarino inglese nel 1941, portando militari in Libia, ne perirono circa 1500). All'Asmara nacquero due mie fratelli, gemelli, nel 1938. All'Asmara mio padre  era stato chiamato da due miei zii materni che, militari volontari in Eritrea dal 1934, si erano dimessi e avevano fondato spacci per la vendita di  'Coloniali'  Mio padre, che aveva una fabbrica di serramenti in legno qui in Italia,  all'Asmara costruiva case prebabbricate, sempre in legno, e si inserì rapidamente anche nelle costruzioni sub-appaltando dalla Italstrade di Roma opere d'arte stradali (ponticelli, tombini, muri di sostegno) arrivando a 150 dipendenti, perdendo tutto, alla fine.  Ho purtroppo poche documentazioni fotografiche dell'epoca. Ho ereditato dai miei genitori, chissà perché, una grande nostalgia per quella terra che non ho  conosciuto, ma dove mio padre e mia madre vissero una positiva avventurosa esperienza, a parte, naturalmente, l'epilogo. Mi piacerebbe rivederla. Mio padre, classe 1906, allora trentenne, ha forse conosciuto, per l'attività svolta, suo nonno. Con sentiti saluti e, per l'occasione, anche auguri pasquali. Ing. Franco Panto-Villorba.

 

Preg. Dott.ssa Pastacaldi, ho acquistato da Lovat il libro che presenterà, leggendolo in un paio di giorni. Mi ha risvegliato sensazioni e pensieri, mai sopiti, che mi sorgevano nei racconti dei miei genitori del nonno e degli zii , ai quali, sempre di più,  avrei oggi molte  cose da chiedere di quel lontano periodo. Con un grande rimorso per non averlo fatto quando potevo, e  che l'intensità della mia vita trascorsa mi ha impedito. Quante volte in  casa ho sentito del Cinema Impero, delle cavallette (mio padre, lungo i cantieri dove costruiva strade, diceva di rifugiarsi nei camion per proteggersi, e che questi slittavano sulla strada per la poltiglia degli insetti morti...) , delle iene che, di notte, venivano in cerca di cibo sotto la nostra abitazione sopraelevata, in legno, delle macellazioni degli animali selvatici che cacciavano ,  e così via. Massaua, Cheren, Decamerè e tante altre località citate nel libro e sentite dai miei. Mi domando come lei possa aver  descritto tanti precisi  dettagli solo per sentito dire, con particolarità minuziose , le parole locali , le vie di Asmara e  Massaua ( veramente un posto infernale, quest'ultimo) lo diceva spesso  mia mamma, più e più volte, caldo  con una umidità micidiale).
Per la mia frenetica  attività non mi sono mai dedicato, purtroppo, a conoscere bene quanto successo in Italia in quel periodo, ed in A.O.I. quando andarono prima due zii e poi la mia famiglia. Dai loro racconti certamente avrei potuto scrivere un libro: non ho raccolto tutte le storie e le informazioni necessarie e tutto è purtroppo   sfumato.
Ora sto ricostruendo, anche con l'aiuto dei libri come il suo, un po' di storia. Estremamente utile ed interessante La guerra d'Etiopia, di Del Boca, un po' meno Faccetta Nera di Petacco, e, per gli anni precedenti al fascismo, Scarfoglio, Viaggio in Abissinia.
Nel racconto dei miei genitori, di mio nonno e degli zii però, non mi sono mai stati raccontati particolari della guerra con l'Etiopia  che era virtualmente terminata il 5 maggio 1936, ma che di fatto continuò per molto, tanto che i cantieri di mio padre erano scortati dall'esercito. Il mio secondo nome, Aradam, che mio padre mi diede, lo fece per orgoglio italiano, senza sapere quanto era successo all'Amba Aradam? E' un interrogativo che ora mi inquieta, e la cui risposta non saprò mai. Lo scriveva addirittura nelle foto mie da bambino, che inviava in Italia ai parenti ! Insomma i nostri 'sapevano' e 'non volevano sapere', o non sapevano quanto gli italiani 'brava gente' stava facendo in Etiopia, anche con l'aiuto degli ascari? Anche nel suo libro non se ne parla.
A proposito dell'Amba Aradam, mi permetto di farle conoscere una chicca che forse le farà piacere e che non credo conosca. A Cornuda c'è una bella collina con in sommità una Chiesa, La Madonna della Rocca, da cui si domina uno spettacolo mozzafiato nelle belle giornate, di tutta la nostra pianura, fino al mare, con attorno le colline prealpine  e il Monte Grappa. Ci salivo, da fidanzato a piedi. Ora ci si può arrivare in macchina, e, se ha l'occasione, glielo consiglio. Nel passato la lapide che vede e legge, nelle foto che le invio, troneggiava in bella evidenza su uno spiazzo in un grande slargo della strada. Come legge si inneggia ai caduti italiani all'Amba Aradam, non tenendo conto del micidiale massacro che ci sta dietro. Sono salito, recentemente, e non ho  più visto questa lapide. E' stata rimossa ed ora si trova, coperta in parte dalla vegetazione, in posizione quasi invisibile. Rimorsi dei tempi moderni...?
Tornando al suo bel  libro sarei curioso , e la sua conferenza cercherà di chiarirlo, quanto ci sia di vero in Angela (accidenti, che eroina essere sopravvissulta alle Dahalak, dove fu probabilmente deportata una mia zia che ci accompagnò all'Asmara, e che là si sposò, con una bambina piccola, che per la mancanza di cure divenne sordomuta, tutto'ora viva.. L' Angela anche un po'.. garibaldina, con Abdum ! E cosa ci dirà del  bellissimo Pietro ( mi è sembrato un po' strano questo suo continuo descriverne la bellezza), il Ganimede del libro, truffaldino con Lidia ? E che fine ha fatto la Lidia?
Mi scuso se mi sono dilungato, ma penso sia impossibile per me trovare ancora un interlocutore con cui parlare la stessa lingua, per di più trevigiana che scrive in dialetto anche le parolacce da postribolo: il TOP !. Ne avrei ancora da dire...
Le allego alcune foto del tempo, le prime di mio padre costruttore lungo le strade, fino in Dancalia, a 50° , poi mie da bambino, con la carriola (figlio d'arte) accanto ad un'auto che avrebbe potuto essere una di quelle di 'Pietro', poi con una carrozzina ' Pinin Farina' a spasso per l'Asmara con dentro i mie due fratellini gemelli da poco nati (1938), e  ciliegina sulla torta, il Rodolfo Valentino,  che lei cita nel libro, quello vero, e , quello falso, mio padre come si pettinava  da giovane!
Con i migliori saluti, Franco Panto. Alcune foto allegate